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Aggiornato il 4 Ottobre 2025

Modello EAS

Il Modello EAS è il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli Enti Associativi.

Come Compilare il Modello EAS

L’EAS viene introdotto con l’articolo 30 del decreto-legge 185/2008 ed è la comunicazione che gli enti associativi inviano all’Agenzia delle Entrate per attestare il possesso dei requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge per beneficiare dei regimi fiscali di favore tipici del mondo associativo, in primis la “decommercializzazione” dei corrispettivi specifici e delle quote versate da soci e tesserati (art. 148 TUIR e, in correlazione, art. 4 del DPR 633/1972 ai fini IVA). In termini concreti, quell’agevolazione consente di trattare certe entrate come non commerciali se l’associazione è strutturata secondo statuto e prassi compatibili con la normativa: l’EAS serve appunto a dichiarare quei dati all’amministrazione finanziaria. La funzione e la base normativa sono fissate nella scheda ufficiale dell’Agenzia, che richiama il citato art. 30 e le istruzioni ministeriali di prassi.

Il primo discrimine è capire chi rientra ancora nell’adempimento. L’obbligo riguarda gli enti di tipo associativo privato, con o senza personalità giuridica, che intendano fruire delle agevolazioni e non siano collocati in categorie espressamente esonerate dalla stessa amministrazione finanziaria. L’Agenzia, già con i documenti di prassi originari, ha escluso dall’invio dell’EAS alcune figure come le ONLUS e, più in generale, enti destinatari di regimi speciali; il concetto è rimasto nella prassi applicativa e nelle istruzioni di pagina istituzionale. Il quadro si è ristretto ulteriormente, in ambito sportivo, per effetto della riforma dello sport: dal 5 settembre 2023 le associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (RASD) sono esonerate dall’obbligo di EAS, in virtù del correttivo bis alla riforma (d.lgs. 120/2023, che ha inserito il comma 6-bis nell’art. 6 del d.lgs. 39/2021). È un passaggio significativo perché per anni proprio il mondo sportivo aveva convissuto con EAS “light” o modulazioni; oggi, per le ASD/SSD iscritte al RASD, l’adempimento non è più dovuto. Restano invece obbligati gli altri enti associativi che non rientrano nelle ipotesi di esonero e che vogliono continuare a godere del regime agevolato.

Sul quando, la regola cardine è duplice. L’EAS va presentato una sola volta entro sessanta giorni dalla costituzione del sodalizio; poi non c’è un invio ricorrente annuale, ma l’obbligo di ripresentarlo solo quando intervengono variazioni “rilevanti” rispetto ai dati già comunicati. Le modifiche vanno trasmesse entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si sono verificate; se, ad esempio, un’associazione ha cambiato elementi sostanziali nel 2024, ha tempo fino al 31 marzo 2025 per inviare un nuovo EAS aggiornato. La stessa Agenzia, nella scheda EAS e nel proprio scadenzario, scandisce inoltre un’altra finestra particolare: quando l’ente perde i requisiti che lo rendevano idoneo alle agevolazioni, l’obbligo è di ripresentare il modello entro sessanta giorni barrando la sezione “Perdita dei requisiti”. Questa scansione temporale “una tantum più variazioni” è confermata anche dai canali di aggiornamento operativi più seguiti nel Terzo settore, che ricordano ogni anno la scadenza del 31 marzo per chi ha avuto cambiamenti rispetto all’anno precedente.

Quanto alle modalità di presentazione, l’invio è esclusivamente telematico. L’associazione può trasmettere il modello direttamente dall’area riservata del sito dell’Agenzia, tramite la funzione di upload “invio diretto”, oppure delegare un intermediario abilitato (commercialista, CAF, consulente). Non è ammesso l’invio cartaceo; il modello e le istruzioni aggiornate sono pubblicati nella sezione dedicata del portale dell’Agenzia. Prima di inviare, conviene verificare che lo statuto sia allineato ai requisiti formali codificati dalla prassi (clausole associative, democraticità, divieto di distribuzione di utili, devoluzione del patrimonio, ecc.), perché l’EAS fotografa proprio questi elementi strutturali e funzionali.

Un punto delicato è capire che cosa costituisca “variazione rilevante”. Le istruzioni al modello distinguono fra dati che, se mutano, impongono un nuovo invio, e dati meramente anagrafici che, da soli, non richiedono la ripresentazione. La prassi applicativa sottolinea che devono essere comunicate le modifiche che incidono sui presupposti dell’agevolazione, come la struttura delle cariche, le modalità di ammissione e partecipazione degli associati, l’assetto delle attività istituzionali e commerciali, le condizioni di accesso ai corrispettivi specifici, la presenza o meno di attività a pagamento verso i non soci, i regimi contabili adottati; su elementi di contorno, spesso è sufficiente aggiornare l’anagrafe fiscale e la sede. Il criterio pratico è semplice: se la modifica tocca una risposta “qualificante” del modello, si invia un nuovo EAS entro il 31 marzo; se riguarda un dettaglio che non incide sui requisiti agevolativi, non occorre ripresentarlo. Le testate specialistiche e le note operative pubblicate a ridosso delle scadenze richiamano ogni anno questa logica per evitare invii inutili o, al contrario, omissioni rischiose.

E se ti accorgi tardi di non averlo inviato, o di averlo inviato oltre i termini? Il mancato invio può comportare la perdita del diritto a considerare “decommercializzate” entrate che altrimenti concorrerebbero al reddito imponibile e, in taluni casi, conseguenze IVA e sanzioni; tuttavia, l’ordinamento prevede un istituto di salvaguardia molto utilizzato, la cosiddetta “remissione in bonis” (art. 2, comma 1, d.l. 16/2012). In sostanza, se l’associazione possiede i requisiti sostanziali, può sanare l’omissione o il ritardo inviando comunque il modello e versando una sanzione fissa tramite F24, con codice tributo dedicato. La finestra temporale di prassi per fruire della remissione in bonis collegata all’EAS è stata più volte ribadita nei calendari fiscali e nelle rassegne tecniche, con riferimento al termine di fine novembre per “rimettersi in regola” sull’anno precedente; in ogni caso è opportuno coordinare l’intervento con il consulente e con il calendario aggiornato dell’Agenzia. Questo strumento è prezioso perché evita che un vizio formale faccia decadere dai benefici in presenza di tutti i presupposti reali.

Un’altra attenzione pratica riguarda gli enti che, all’interno delle grandi famiglie del non profit, si collocano in regimi speciali diversi. Le fondazioni e gli enti di diritto pubblico, così come le ONLUS iscritte all’Anagrafe, sono tipicamente fuori dall’EAS, perché soggiacciono a regole dedicate; lo stesso vale, dopo i correttivi alla riforma dello sport, per ASD e SSD iscritte al RASD, per le quali l’iscrizione al Registro è diventata la “porta” per le agevolazioni fiscali sostitutiva della vecchia comunicazione EAS. Per gli altri enti associativi che non ricadono in queste casistiche, l’EAS resta invece la chiave di accesso al perimetro dell’art. 148 TUIR e collegati. Questi profili di esclusione sono richiamati sia dai provvedimenti di prassi storici dell’Agenzia sia da documenti tecnici e approfondimenti professionali pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 120/2023.

Una parola anche sulla relazione fra EAS e riforma del Terzo settore. L’operatività del RUNTS e dei regimi fiscali ETS procede per tappe e con decreti attuativi: mentre il quadro si stabilizza, gli enti che non sono ETS o non hanno scelto i regimi fiscali del Codice del Terzo settore restano, in linea generale, sul perimetro tradizionale di art. 148 TUIR e, se enti associativi, sull’obbligo EAS secondo le regole viste sopra. Gli osservatori del comparto sottolineano, di anno in anno, come l’EAS sia ancora lo strumento di verifica per quel segmento “non ETS” che intende conservare le agevolazioni tipiche del mondo associativo classico. È dunque cruciale verificare lo status dell’ente, l’eventuale iscrizione a registri speciali e la coerenza dello statuto con il regime fiscale prescelto, prima di concludere che l’EAS sia dovuto o meno.

Operativamente, la presentazione corretta dell’EAS non è una mera formalità. Se l’associazione apre servizi a pagamento anche ai non soci, se incassa corrispettivi specifici dai tesserati, se avvia attività accessorie rispetto allo scopo istituzionale, la coerenza delle risposte del modello con lo statuto e con la pratica quotidiana diventa essenziale. L’Agenzia ha investito negli anni su controlli sempre più mirati ai profili “qualitativi”: orari e prezzi differenziati per soci e non soci, modalità di ammissione, pari diritti degli associati, divieto di distribuzione indiretta di utili, effettività della vita associativa. Dichiarare il falso o dichiarare in modo incoerente espone non solo a decadenze dai benefici, ma anche a contestazioni più strutturate su IVA, imposte dirette e imposta di registro. Per questo, prima di inviare l’EAS è opportuno fare un check statutario e organizzativo, aggiornando eventuali clausole non conformi e allineando prassi interne e documentazione.

Modello EAS PDF Editabile

Di seguito è possibile trovare il modello EAS PDF.

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