I soggetti che compaiono nel contratto di affitto ad uso foresteria sono normalmente il proprietario dell’alloggio e una società di capitali. La grande differenza rispetto a un contratto di locazione standard è che in questo caso i reali inquilini dell’alloggio non sono i firmatari, e possono cambiare anche continuamente.
Pensiamo, per esempio, a una grande azienda con varie sedi, dove i dipendenti si devono spesso spostare da una parte all’altra del Paese o tra più Paesi. In questo caso gli inquilini dell’alloggio faranno a rotazione e cambieranno spesso. L’azienda sigla il contratto e concede l’alloggio ai suoi dipendenti, collaboratori o soci.
Questo tipo di accordo non fa parte della disciplina sulle normali locazioni, legge 431 del 1998, ma è soggetto alle sole norme del Codice Civile; tutte le varie clausole del contratto vengono pattuite esclusivamente tra l’azienda ed il proprietario dell’immobile. Quindi canone, cauzione, durata e via dicendo sono a discrezione delle due parti coinvolte e non devono seguire criteri particolari come nei contratti di affitto standard.
Infatti questo è proprio uno dei vantaggi di questo tipo di contratto: la totale libertà decisionale tra le parti; questo può andare a favore del proprietario, che può a sua volta analizzare la solvibilità dell’azienda, in genere comunque più affidabile rispetto ad un soggetto privato, e la società di capitali, a sua volta, sa di poter detrarre dal reddito le quote versate come canone, in base alla legge numero 388 del 2000 – benefici fiscali.
Il contratto di locazione ad uso foresteria, negli anni, ha suscitato non poche discussioni, sia nel potere legislativo che nella giurisprudenza. A volte ritenuto ormai inammissibile, è stato da pochi anni riportato in auge e ritenuto idoneo ed applicabile.
Le leggi in materia sono molto vaghe, Codice Civile dall’articolo 1571 in po), e pertanto c’è piena libertà di movimento all’interno di questo tipo di contrattazione.